Niente docce lunghe: la comunicazione ha dell’incredibile, ma è tutto vero. E c’entra l’intelligenza artificiale.
Negli ultimi anni il dibattito intorno all’intelligenza artificiale si è infittito, tra coloro che ne esaltano le potenzialità e i più scettici che si dimostrano preoccupati davanti alla sua diffusione. Quel che è certo, è che la società sta andando incontro ad un importante cambiamento, destinato a portare ad una svolta in campo tecnologico. Tuttavia, ci sono delle conseguenze che non possono essere ignorate.

L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando il nostro modo di interagire con la tecnologia, permettendoci di semplificare le attività, trovare risposte alle nostre domande con velocità e portare facilmente a termine compiti che potrebbero richiedere anche parecchio tempo.
I suoi vantaggi sono diversi, ma non mancano i problemi. Un utilizzo inadeguato o eccessivo dell’IA, infatti, può avere ripercussioni negative. Non solo per quanto riguarda l’esperienza online degli utenti, ma anche per l’ambiente. Lo sanno bene i cittadini che, di recente, hanno ricevuto una comunicazione decisamente insolita.
Intelligenza artificiale e consumo di acqua: i dati allarmanti
Il funzionamento dell’intelligenza artificiale è strettamente legato al consumo di acqua. Potrebbe sembrare strano, ma è così: l’IA non è un semplice strumento “virtuale”, ma necessita di appositi data center per poter rispondere alle nostre domande e portare a termine le nostre richieste. All’interno di questi edifici si trovano migliaia di server, fondamentali per l’addestramento dei modelli di IA e la conservazione dei dati.

Senza i data center, non potremmo utilizzare piattaforme come ChatGPT, che ricorrono a server di grandi dimensioni per far funzionare l’intelligenza artificiale. L’elaborazione continua dei dati, tuttavia, determina un surriscaldamento dei server che, a lungo andare, rischiano di danneggiarsi. Per evitare che ciò accada, vengono utilizzati sistemi di raffreddamento ad acqua, in grado di assorbire il calore.
L’addestramento dei modelli di IA e la gestione delle richieste degli utenti richiede milioni di litri d’acqua, con allarmanti conseguenze per l’ambiente. I cittadini del Texas – in cui, negli ultimi tempi, il numero di data center è andato incontro ad un boom – hanno dovuto fare i conti con le ripercussioni di un consumo sconsiderato di acqua.
Texas, tra siccità e boom di data center
Lo stato ha affrontato un’estate caratterizzata da siccità, durante la quale nei comuni è stato diffuso un avviso rivolto alle famiglie, con la richiesta di limitare il più possibile il consumo di acqua riducendo le docce e rinunciando a lavare le proprie auto. Una comunicazione che non è stata accolta con favore, soprattutto a causa di un evidente controsenso.

Mentre i cittadini sono esortati a rivedere le proprie abitudini e fare i conti con le restrizioni all’uso dell’acqua, i data center consumano milioni di galloni, che potrebbero bastare per soddisfare il fabbisogno di decine di migliaia di nuclei famigliari. Un esempio è dato dall’inchiesta condotta da The Austin Chronicle a fine luglio, che ha messo in luce un dato allarmante.
I centri dati di San Antonio (in particolare di Microsoft e Corps) hanno utilizzato 463 milioni di galloni d’acqua solamente tra il 2023 e il 2024. In una regione in cui questa risorsa è già scarsa, tutto ciò non fa altro che mettere ulteriormente a rischio il suo futuro idrico. L’assenza di una regolamentazione precisa rappresenta un pericolo per l’ambiente e per la popolazione.




