Oggi l’Intelligenza Artificiale è in grado di pianificare un viaggio a 360 gradi. Ma a che rischio? Nessuno, a patto che si facciano le domande giuste.
“Mi prepareresti un viaggio per novembre in Valle d’Aosta per una settimana? Budget 1000€” Oppure: “Vado in Francia, mi fai l’itinerario perfetto per una famiglia?” Tutte richieste che solitamente rivolgevamo a un’agenzia di viaggi, ora si possono fare a un programma. Facile, penseremo: scarichiamo ChatGPT o simili e lasciamo fare a lui il lavoro. Più o meno.

È vero che alcune tecnologie oggi ci servono la prenotazione perfetta su un piatto d’argento, ma è altrettanto vero che alcuni chatbot ogni tanto fanno qualche marachella. E per marachella intendiamo inventarsi le cose.
Visto e considerato che nessuno vorrebbe mai trovarsi a Sharm el Sheikh con un itinerario fasullo e dover fare i salti mortali per ritrovare la retta via, è bene sapere che farsi ingannare dai sistemi di IA è facile (anche se non lo fanno volutamente, s’intende). La parte difficile, piuttosto, è capire che basta davvero poco per evitarlo. Talvolta anche solo una frase.
Quando l’IA ‘inventa’ viaggi: il segreto per utilizzarla bene
Capita che l’IA crei itinerari strabilianti e dettagliati che sembrano usciti da un sogno, ma purtroppo non sempre corrispondono alla realtà. Questo accade perché uno dei processi con cui funzionano – specialmente i modelli generativi come quelli dietro ChatGPT – è la cosiddetta ‘hallucination’, ovvero la tendenza a inventare fatti, luoghi o collegamenti inediti quando manca una fonte certa. In altri casi, l’errore deriva da veri bug del sistema: dati obsoleti, incongruenze nelle basi di conoscenza, aggiornamenti mancati.

Per questo motivo è sempre bene non fidarsi ciecamente: basta inserire una frase come “Voglio itinerari reali, non inventati” o “Voglio budget quanto più realistici possibili nel 2025”. Con queste richieste chiare, fai sì che il sistema vada a pescare in fonti ufficiali e affidabili, non semplicemente ‘riempia’ con plausibili ma inesistenti suggerimenti. Insomma, basta una semplice precisione per trasformare l’IA in uno strumento utile anziché in una favola da sogno.
Un altro punto da considerare: non tutti i sistemi sono progettati per viaggi. Alcuni modelli generativi sono stati addestrati con scopi generici (contenuti, conversazioni, assistenza) e non sono ottimizzati per dati turistici aggiornati. Esistono invece piattaforme pensate appositamente per il travel planning, come GuideGeek (sviluppato da Matador Network, che integra fonti reali e correzioni umane), oppure sistemi più sperimentali nel mondo accademico come Roamify, che combina modelli LLM con scraping per migliorare la validità delle informazioni fornite.
In conclusione? Non demonizziamo l’intelligenza artificiale nei viaggi, ma se la usiamo, facciamolo con criterio. Con le giuste istruzioni, i filtri adatti e piattaforme progettate per lo scopo, un’IA può diventare un alleato potentissimo – evitando però che ci ritroviamo a Sharm el Sheikh… quando in realtà volevamo la Val d’Aosta.